BENGALA - Il meglio della settimana #1

Ogni sabato su Instagram consiglio libri, articoli, film. Qui li metto per esteso, così non scadono dopo 24 ore.

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Ennio Flaiano

«La situazione è tragica ma non seria»

Wuu Wuu Wuu mi piaci tu!

È passata la settimana e avete lavorato, avete portato i bambini a scuola, avete fatto la spesa, avete fatto palestra. Però magari avete letto poco. ahi ahi ahi. E ora volete giustamente recuperare. Beh ci sono io. Però non vi prendete male se scrivo troppo, non fatevi venire l’ansia (oddio come farò a leggerlo tutto!). Se vi rompete skippate, chiudete. Non sentitevi in colpa se non ce la fate a leggere.

Se invece siete avidi eccovi serviti.

DAI GIORNALI

Anzittutto una premessa: mi sono abbonato al NYTimes digitale e godo come un riccio. È bellissimo. Avanti anni luce. Per esempio. Nelle classifiche di fine anno noi abbiamo i nostri bei paginoni su La Lettura del Corriere o Robinson. Ecco La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere, è la più grossa valanga di merda che si possa gettare addosso ai lettori. Noioso, autoreferenziale, illeggibile, impaginato male, scritto malissimo, una palla irreversibile e snob. Un inserto culturale che propone il romanzo di Veltroni. Dai ma che roba è? Non è buona nemmeno per il camino. Invece NYT Books è questa roba qui. Apritela con un iPad poi fate voi… hanno fatto una classifica dei libri che è un capolavoro digitale. ps fa riflettere che sul mercato americano escano dei titoli di cui nessuno qui ha mai sentito parlare. Siamo proprio due mondi diversi.

No, non ci posso fare niente li amo. Guardate come sono ganzi, vi segnalano anche i regali più assurdi da comprare su internet come i portachiavi a forma di pollofritto, le ciabatte di lattuga, il reggivolante peloso Oh mamma che bellezza il consumismo. Ve lo immaginate un pezzo così su Il fatto quotidiano o Repubblica? No! Non potete. Non lo farebbero mai. Cioè lo farebbero ma non con questa classe, questo sapere informatico, questa tecnica, questa ironia. Tre dollari al mese per sta roba. Tre dollari.

Portachiavino pollofritto Costa meno di 2 dollari

Portachiavino pollofritto Costa meno di 2 dollari

Torniamo in patria. Fantastica come sempre Annalena Benini che su Il Figlio racconta con ironia il mondo dei ricevimenti dei genitori ai tempi del covid. Adoro come la Benini riesca a parlare della realtà passando sempre attraverso le sue disavventure, i suoi disastri domestici, i gatti, i figli. Amo come scrive. «Poi mi si avvicina l’uomo più ragionevole del mondo, e poiché mi rivolge la parola direi anche compassionevole, il rappresentante di classe, e mi chiede se ho avuto problemi a prenotarmi con gli insegnanti, perché molti sono già esauriti fino a Natale, ma ci sono delle sottoliste in cui si può cercare di entrare adducendo motivi di urgenza. Finalmente capisco il motivo di tanta bellezza: non è il nuovo amore, sono i colloqui online di fine anno».

Ha ragione Polito sul Corriere: non potete prendervela con chi è andato a fare shopping assembramentistico munito di mascherina e paranoia. La colpa non è loro ma di chi fa le leggi. E abbiamo capito che il governo sta andando a braccio.

È morto Donato Bilancia, uno dei più feroci serial killer italiani. Su Mow abbiamo preso dei pezzi di Giorgio Dell’Arti e li abbiamo riassembrati per ricostruire la sua storia. Un estratto: Secondo figlio di un impiegato dell’Inam e di una casalinga, Bilancia nasce a Potenza e cresce a Genova in una famiglia che lui stesso giudica disgraziata. Ai litigi violenti fra il padre e la madre, risponde con l’enuresi. Ogni notte se la fa addosso e ogni mattina guarda sua madre esporre sul davanzale il materasso macchiato, forse per punirlo. D’estate torna al Sud dai parenti, dove il padre mostra il suo corpo ignudo agli sguardi delle tre cugine, “le mummie”, così le chiama lui, per mostrare il suo difetto: un pene piccolo piccolo. “In quel momento mi attorcigliavo su me stesso, cadendo in ginocchio morto per la vergogna”. È allora che, adolescente, inizia un dialogo tormentato con il suo organo sessuale. Si mette del cotone nella patta dei pantaloni e assilla tutte le sue fidanzatine per verificare la capacità delle sue prestazioni. Cerca il padre, prova a interrogarlo sui suoi dubbi genitali, ma trova solo pregiudizi, botte e silenzi.

Ma come è possibile che ci siano ancora donne che abboccano a sconosciuti che le abbordano online spacciandosi per 007 e poi le spillano soldi? Quindici arresti a Torino, un’organizzazione piramidale che ha puppato alle ingenue signore oltre 10 milioni. Dobbiamo cominciare a parlarne nelle scuole di sta roba.

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Picchiato? Nuoo! Gli vuolevooo fa’ la carezziiinaaaa

Gabriele Grossi, Chi l’ha visto?, Rai3.

Per gli amanti della cronaca e di Chi l’ha visto? quest’anno abbiamo una nuova star: Gabriele Grossi di Livorno. Da un mese tiene banco la vicenda di questo picchiatore di fidanzate, terrorizzatore di amici, bugiardo seriale, finto zoppo, abusivo. Più che essere una storia stile Truman Capote, questa sembra una puntata deviata nell’acido di Distretto di Polizia. Su YouTube un best of di Gabri. Ma se volete godere collegatevi su Raiplay e guardate l’ultima puntata, quella di mercoledì. Prometto che fa volare.

Non solo La Lettura, pure il New Yorker se la mena troppo e questo pezzo di Maddalena sul Foglio non gliela manda a dire. «Già alla fine della lista del New Yorker di quest’anno viene da implorare che arrivi il 2021 e che, con le grandi sale, tornino i supereroi, purché non ci facciano anche loro la predica».


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È un filmetto ma l’ho amato.

L’Isola delle Rose, Netflix

Ho sempre odiato Elio Germano ma... 

Si avete capito, mi fa cagare. Come attore in primis. Poi anche come uomo. Come attore non sopporto la sua fisicità, quella goffaggine saccente non nascondibile che poi si ripercuote sulle battute. Tradotto: c’ha la faccia a culo. Il momento in cui recita L’infinito di Leopardi ne Il giovane favoloso mi imbarazza, mi pare di vedere un ragazzino scarso del liceo in una recita di fine anno impegnato in pose teatrose e seriose. Idem per tutte le altri parti che ha fatto, infatti fa sempre lo stronzo (Favolacce - ah ps questo è il film più brutto del 2020 in assoluto un disastro) o lo sfigato (Ranocchia di Romanzo Criminale o sempre uno uguale a Ranocchia ma non tossico in Suburra).

Mi fa cagare anche l’uomo Germano, così romanamente impegnato nella sua visione attiva di attore sensibilizzatore di coscienze. Ma che palle, che siamo negli anni Settanta? Perché ce la devi menare col tuo impegno politico? Perché ti vesti come uno che va all’assemblea okkupata e ha la tessera Arci al posto della patente visto che non vuole inquinare guidando un mezzo meccanico prodotto dai poteri forti?

Detto questo ho amato ogni singolo istante de L’isola delle rose (lo trovate su Netflix). È un filmetto mi direte e mi sa che è pure vero. Ma chi se ne frega? È divertente, avvincente, ottima fotografia, scritto bene, con dei personaggi che funzionano e racconta una storia vera.

O meglio si ispira a una storia vera e la racconta filmizzandola un po’ troppo. Ovvero la gonfia dove gli pare e la indolcisce dove gli pare, ma il risultato è ottimo. Se volete leggervi la storia vera di Giorgio Rosa c’è un bellisimo pezzo di Davide Brullo su tutta la vicenda. Nella versione realistica e avvincente di Brullo il personaggio di Rosa è riminizzato e deromanticizzato, si evince il suo passato fascista e l’animo anarchico che non è imbrigliabile in nessuno schema. L’animo di uno che fonda un mondo suo perché quello in cui vive non gli piace. E fonda un mondo che è una discoteca in mezzo al mare ed è la cosa più riminese che possa esserci. Lo stato italiano che fa? Lo sopprime. Un classico. Ma si vive di sogni perdio, l’importante è farli.


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Il libro della settimana

È del 1945 e ancora spacca

La bellezza dei libri Adelphi è impareggiabile e mi sento così figo a ricerverli dall’ufficio stampa (gentilissima Francesca che ringrazio). Quelle cover pastellose, le pagine solidamente soffici, la carta spaziosa e i caratteri distribuiti elegantemente in pagina… mmm mi fanno venire voglia di appoggiarci la guancia. Sono chiavabili, culturalmente. Li leggi e ti senti dentro l’esperienza. Dentro te stesso. Sono amuleti.

Scrive Davide Brullo su Pangea: «Adelphi, unico fenomeno editoriale del genere in Italia, è una griffe, un marchio, uno stile, il passepartout per il settimo cielo della letteratura. Specie di Re Mida dell’editoria, ciò che tocca Adelphi, pur vile, levita in materia aurea, speciale, da collezione. Figa, insomma».
Questa settimana ad esempio ho ricevuto Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, a cui è dedicata la mia cover. L’ho letto con ansia e curiosità viaggiando con la mente perché Flaiano è un missile di stile quando scrive. 

Etiopia, ma potremmo essere ovunque. Colonizzazione fascista. Robaccia. Niente di diverso dagli europei che sbarcano nelle Americhe nel 1492 ma in chiave fascista. 

I soldati arrivano laggiù senza avere idea di dove sono, gli ufficiali non sono all’altezza, tutti trafficano, scopano, sfruttano e uccidono a loro piacimento. Eppure non c’è politica, non c’è il Duce, non c’è quasi l’Italia in queste pagine se non come allusione mentale. Questa è una storia di sopruso, ma detta solo attraverso le vicende del suo protagonista. Un tizio mezzo disertore che prima si prende una ragazza e se la fa, poi accidentalmente la ferisce sparandole. A quel punto rischiava troppo e allora che fa? La uccide. Per tutto il libro dovrà scappare dai suoi sensi di colpa come il protagonista di Delitto e Castigo.

Flaiano scrive questo libro in poche settimane, spinto da Longanesi il suo editore e racconta una storia che in parte aveva vissuto anni prima, nel 1935, quando aveva preso parte alla spedizione fascista in Etiopia. 

Non vi svelo niente della trama perché è scritto così bene che uno lo può solo leggere. Ricorda Conrad e Camus, La Linea d’Ombra e Apocalypse Now. Non sembra nemmeno un romanzo neorealista italiano, così lontano dalle tematiche di quegli anni, così internazionale. È una storia eterna. Mi ha evocato Buzzati de Il deserto dei tartari e Kafka. 

Menate letterarie a parte, in appendice al libro è pubblicato il quaderno di appunto di Flaiano scritto dieci anni prima durante il suo soggiorno africano. Il suo occhio indaga tutto e riporta annotazioni fantastiche. Ecco alcuni estratti.

«L’Eritrea vive sulla prostituzione.
Quasi ogni porta di Adi Caièh è ingresso ad una casa di piacere. Le donne vivono isolate, una ogni tucul, e sono di umore capriccioso. Slavo. In Italia le case di tolleranza sono contraddistinte dall’esterno. Invece qui le case son le case per bene che hanno bisogno di una distinzione: ed infatti sulle porte di queste (invero rare) si legge: Casa di famiglia, non entrare!

L’etiopico riconosce la forza costituita, il vincitore. Qualcosa come il nostro napoletano (ma più moderato nelle canzoni).

Scritto sul casco d’un soldato: oggi non posso morire.
Scritto sul casco d’un motociclista: Duce, sono matto, ma fedele.

Un senso di oscuro imboscamento in tutte le cose.

Nei comandi tappa, negli uffici, in quei luoghi insomma dove è ancora uso lucidarsi gli stivali, si leggono soltanto frasi eroiche. «meglio vivere un giorno da leone», eccetera. «Obbedire. Combattere. Credere».

L’abissino considera l’automobile (machina) l’aeroplano (trubunale) come enti soprannaturali che funzionano a benzina per intervento divino. Quindi se ne stupisce poco. Ciò che lo lascia stupefatto è per esempio la bicicletta, la casa a due piani, la palla di gomma. Queste son cose meravigliose le quali, non potendo spiegarsele come grazia divina, restano tuttavia incomprensibili al suo spirito, come opera umana.

QUI POTETE LEGGERE GRATIS LE PRIME 20 PAGINE

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al prossimo sabato.

Penso che una delle cose migliori che mi sia mai capitata è di essere stato uno scrittore di insuccesso per tanto tempo e aver dovuto lavorare per vivere fino a 50 anni. Questo mi ha tenuto lontano dagli altri scrittori e dai loro giochi di società e dalle loro maledicenze e loro lagne.

Charles Bukowski, Sulla Scrittura, 27 giugno 1984 lettera a A.D. Winans